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20 Maggio 2020 15:00

Pizza a portafoglio, lo street food napoletano per eccellenza: storia e caratteristiche

Chiamata anche pizza a libretto per il modo in cui viene piegata, è lo street food dei vicoli di Napoli. La pizza a portafoglio, infatti, è stata pensata per essere mangiata a passeggio mentre ci si perde tra le bellezze della città partenopea. Ecco la sua storia e le sue caratteristiche, raccontate da un vero maestro di questa specialità: Salvatore Di Matteo, colui che ha fatto assaggiare la pizza a portafoglio al Presidente degli Stati Uniti d'America.

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Tutti conoscono la storia della pizza Margherita, quella vera e quella romanzata ma c’è una sorellina altrettanto amata che spesso diamo per scontata: la pizza a portafoglio, o a libretto.

Sei a Napoli, passeggi per i vicoli della città, toccando le capuzzelle poste dinanzi alle chiese. In lontananza una signora chiama il figlio dal balcone che gioca a calcio con gli amici, non importa se sono le 4 del pomeriggio o le 10 di sera, lui sarà lì a giocare, lo sai. Ti viene un languorino ma non ti va di fermarti in pizzeria, che mangi? La risposta è semplice: la pizza a portafoglio. Proprio come il bambino che gioca a calcio: non importa chi, non importa dove, non importa quando, la pizza a libretto è in vetrina, aspetta i vagabondi frettolosi dei vicoli di Napoli.

La storia della pizza a portafoglio

Contrariamente a quanto si pensi, la pizza a portafoglio non è antichissima, sicuramente non quanto la pizza classica. Pare sia stata inventata alla Pizzeria Port’Alba, fondata nel 1738 ma è ovviamente impossibile risalire all’origine reale. Molto probabilmente risale alla metà del secolo scorso e lo deduciamo dal "Ventre di Napoli" di Matilde Serao. La fondatrice de Il Mattino ha codificato il cibo da strada della Napoli dei primi del ‘900, un libro pensato per le persone povere. La grande assente di questo libro è proprio la pizza a portafoglio perché all’epoca le pizze erano grandi e venivano vendute a fette, come in America.

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Si legge : "Il pizzaiuolo che ha bottega, nella notte, fa un gran numero di queste schiacciate rotonde, di una pasta densa, che si brucia, ma non si cuoce, cariche di pomidoro quasi crudo, di aglio, di pepe, di origano: queste pizze in tanti settori da un soldo, sono affidate a un garzone, che le va a vendere in qualche angolo di strada, sovra un banchetto ambulante e lì resta quasi tutto il giorno. Vi sono anche delle fette di due centesimi, pei bimbi che vanno a scuola; quando la provvista è finita, il pizzaiuolo la rifornisce, sino a notte. Vi sono anche, per la notte, dei garzoni che portano sulla testa un grande scudo convesso di stagno, entro cui stanno queste fette di pizza e girano pei vicoli e dànno un grido speciale, dicendo che la pizza ce l’hanno col pomidoro e con l’aglio, con la muzzarella e con le alici salate. Le povere donne sedute sullo scalino del basso, ne comprano e cenano, cioè pranzano, con questo soldo di pizza".

In questo breve stralcio si evidenziano due cose: la Napoli di inizio ‘900 è una città vivissima. Povera forse, ma viva assai: esisteva già la slice pizza, inventata in Italia e non negli Stati Uniti come sostengono molti americani. Il garzone portava le pizze lungo le strade, fino alle case e sui luoghi di lavoro, di fatto parliamo di delivery.

C’è anche un altro significativo passo della Serao a riguardo: le fette di pizza a domicilio erano amate dalle donne, non solo quelle dei bassi. Il garzone camminava lungo le strade e queste fette arrivavano soprattutto sui banconi delle sarte di via Duomo, storicamente la via dell’alta moda partenopea. La Serao ci parla di donne di inizio ‘900 che lavoravano e non potevano cucinare. Constatiamo, tristemente, che è avveniristico perfino per i giorni d’oggi.

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Probabilmente la pizza a portafoglio nasce quindi nel secondo dopoguerra, con il boom economico e la nascita di numerosissime pizzerie, molte delle quali riconvertite: da bassi con la friggitoria diventano dei veri ristoranti.

Nei banconi con crocché e arancini ci sono finite anche queste pizzette, diverse da quelle del bar e diverse dalle tonde classiche. Un cibo da mangiare camminando, all’uscita da scuola esattamente come i bambini della Serao. Curiosamente anche la pizza a portafoglio viene realizzata con lo stesso metodo delle pizze vendute ai bambini a pochi centesimi: si usa lo "scarto".

Che differenza c’è tra una pizza a portafoglio e una pizza normale?

Vi siete mai chiesti che differenza c’è tra i due prodotti? Noi lo abbiamo chiesto a uno dei maestri di questa specialità, Salvatore Di Matteo, titolare della storica Pizzeria Di Matteo in via Tribunali 94.

Il locale è oggi famoso per le frittatine, forse le migliori della città, ma tonde a piatto e pizze a portafoglio sono di altissimo livello. Si respira l’aria di Napoli mangiando una pizza di Salvatore: "Ci sono tanti ricordi legati alla pizza a libretto. Per i napoletani è l’emblema del cibo povero. Una pizza di piccole dimensioni, con qualche pezzetto di fiordilatte, un filo d’olio e tanto pomodoro. Consumata fuori la pizzeria o passeggiando, un cibo veloce e saporito dal costo contenuto. Noi oggi la vendiamo a 1,50 euro".

La differenza non sta solo nel prezzo, anche nella preparazione: "Noi usiamo l’impasto avanzato della cena. Apriamo verso le 7 del mattino e lo rinfreschiamo quindi le nostre pizze a portafoglio hanno una maturazione più lunga rispetto alle pizze classiche. Questo dona una maggiore acidità e una migliore idratazione dovuta alla lunga maturazione".

La svolta della pizza a portafoglio, grazie a Clinton

La pizza a libretto negli anni ‘90 svolta, esplode la moda, tutti vogliono mangiarla e, complice l’apertura della metropolitana nel 1993 finalmente la provincia è ben collegata con il centro città. Tantissimi napoletani restii a muoversi con gli autobus, soprattutto delle generazioni più grandi, possono muoversi dai paesi limitrofi fino al centro città in comodità e a costi ridotti.

L’anno dopo a Napoli c’è il G7 e la città si prepara per l’arrivo di Bill Clinton, accolto come una vera star. Il Presidente degli Stati Uniti d’America è una buona forchetta e prova diverse pizze in città, tra le quali la pizza a portafoglio da Di Matteo: "Clinton assaggiò prima la pizza a libretto, gli piacque tantissimo, dopodiché mangiò ben due pizzette fritte accompagnate dall’immancabile Coca-Cola, perché è pur sempre americano".

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Complice l’assaggio di Bill Clinton la pizza a portafoglio fa un grande balzo in avanti nel mondo della pizzeria napoletana, uscendo dai confini dei Tribunali. Nascono addirittura pizzerie a tema.

Salvatore Di Matteo ci racconta anche un altro aneddoto che riguarda i pizzaioli delle famiglie storiche di Napoli: "Per noi il ricordo è ulteriormente diverso. Chi è cresciuto in una famiglia con un’insegna storica ha cominciato proprio dalle pizze a libretto. Si tratta del trampolino di lancio per i pizzaioli perché le dimensioni ridotte rendono la manipolazione più semplice, è un approccio iniziale. Ho tanti ricordi anche da cliente: quando marinavo la scuola, con gli amici, mangiavo le pizze a portafoglio delle altre pizzerie perché giocoforza non potevo andare da mio padre".

Un ulteriore slancio di notorietà per la pizza a portafoglio arriva nel 2015 grazie ad Egidio Cerrone, ai tempi "solo" food blogger e oggi ristoratore di successo. Quell'anno McDonald's fece uno spot in cui un bambino preferiva l'Happy Meal alla pizza. Cerrone risponde alla multinazionale con un video molto divertente e un refrain iconico: "Tuo figlio non ha dubbi. Pizza a portafoglio. N’euro, n’euro e cinquanta". La risposta goliardica realizzata da Cerrone e Giuseppe Tuccillo, all'epoca uno dei videomaker dei The Jackal, ha fatto il giro del globo e in poche ore raggiunge il milione di visualizzazioni. La risposta ironica ha reso un grande servizio alla pizza a portafoglio: tutta Italia si è fatta ingolosire dal bambino napoletano e, una volta giunti in città, i turisti sono andati diritti diritti verso le pizzette più famose del mondo.

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A cura di
Leonardo Ciccarelli
Nato giornalista sportivo, diventato giornalista gastronomico. Mi occupo in particolare di pizza e cocktail. Il mio obiettivo è causare attacchi inconsulti di fame.
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