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Assetati
23 Gennaio 2023 15:00

L’uva non è tutta uguale: principali differenze tra uva da vino e quella da tavola

Cosa differenzia l'uva da vino da quella da tavola? Quali sono le caratteristiche di queste due tipologie e come poterle facilmente distinguere sia all'occhio sia al palato? Alla scoperta di due diverse varietà di uva.

A cura di Alessandro Creta
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Forse non tutti lo sanno ma anche se potrebbe sembrare così l'uva non è tutta uguale. Siamo abituati a mangiarla, acino per acino rossa o bianca che sia, durante i mesi freddi dell'anno; ma siamo anche abituati a consumarla di fatto sotto forma di vino, utilizzato talvolta anche per cucinare.

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È bene sapere come, in questi casi, non si stia parlando della medesima uva: quella mangiata così, in purezza diciamo, non è la stessa utilizzata per fare il vino, e ovviamente viceversa. È bene infatti fare una grossa distinzione: da una parte c'è l'uva da tavola (quella, appunto, venduta al supermercato o dal fruttivendolo) e dall'altra l'uva da vino. Sono due tipologie previste e ben distinte dalla legge, ma quali sono le principali differenze che le caratterizzano?

Uva da tavola e uva da vino: differenze e caratteristiche

Questa distinzione nasce orientativamente nella seconda parte del 1800: da quel momento si è iniziato a trattare, e lavorare, diversamente le due tipologie di frutto. L'uva da tavola, detta anche uva da mensa, è quella destinata esclusivamente al consumo alimentare e da questa categoria per legge non si può ottenere il vino. Sia essa fresca o essiccata (l'uvetta, per esempio), l'uva da tavola è caratterizzata da una buccia abbastanza sottile e da polpa soda e croccante, al contrario invece degli acini destinati alla vinificazione dotati di una buccia più consistente, l'interno più succoso, tenero e con una maggiore quantità di semi (i cosiddetti vinaccioli), la cui presenza assieme a quella delle bucce è necessaria nelle varie fasi della produzione di vino.

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Va detto, comunque sia, come le differenze tra le due tipologie di frutto siano proprio all'origine del frutto stesso. È infatti diversa la vite dalla quale si ottiene l'una e l'altra categoria: se l'uva da vino proviene dalla vitis vinifera, quella da tavola deriva dalla vitis labrusca (o vite americana, la quale solo in minima parte produce frutti anche destinati alla vinificazione). Cambia, ovviamente, anche il gusto tra le due tipologie di frutto: l'uva che acquistiamo al supermercato è caratterizzata da un grado zuccherino superiore rispetto a quella da vino, dotata però questa di maggiore acidità, fattore fondamentale per garantire al vino capacità di affinamento e un maggiore invecchiamento. L'equilibrio nel rapporto tra dolcezza e acidità già a partire dall'acino permetterà poi al vino di esprimere al meglio le sue proprietà organolettiche. Queste differenze sono dovute anche al periodo di raccolta dei frutti: se le uve da tavola vengono colte a maturazione completa, e conseguente maggiore concentrazione zuccherina, quelle da vino sono vendemmiate prima proprio per preservarne l'acidità.

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Vinificare uve da mensa comunque sia consentirà sì di ottenere vino, ma sarà un prodotto mediocre, da consumare necessariamente giovane, entro poche settimane dalla sua produzione prima che diventi imbevibile. Tra l'altro, per legge, non si potrebbe nemmeno parlare di vino se questo non è ricavato da uve provenienti da vitis vinifera.

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A cura di
Alessandro Creta
Laureato in Scienze della Comunicazione prima, Pubblicità e Marketing poi. Giornalista gastronomico per professione e mangiatore seriale per passione, mi piace navigare tra le pieghe del cibo, perché il food non è solamente cucina, ristoranti e chef. Appassionato di olio evo ma anche di viaggi, sono particolarmente incuriosito da cibi strani e sconosciuti. Mi fate felice con un Verdicchio. Mi trovate su Instagram: @cretalex
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